Radio
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Radiocomunicazioni di emergenza alternative e “TEAM RADIO Task Force”

Nell’ambito delle nostre attività previste dallo statuto un TEAM di volontari costituisce “TEAM RADIO Task Force”, lo scopo è quello di meglio organizzare e coordinare le attività di radiocomunicazioni in emergenza fornendo in emergenza personale formato in tal senso.

Il team si occupa:

  1. di presidiare all’interno del COC le attività e le funzioni legate alla radiocomunicazione.
  2. Monitore per mezzo di radiomobile e/o supportare con i cosiddetti “uomini radio” le squadre di soccorso di altre specializzazioni (Volontari, VVF, personale delle FFAA/FFOO)
  3. Realizzare per mezzo di stazioni radio fisse e mobili la cosiddetta Maglia di radiocomunicazione alternativa di Emergenza.

Di seguito alcune informazioni sulle radiocomunicazioni di emergenza esse, costituiscono il” sistema nervoso” di ogni buona struttura di protezione civile. La buona funzionalità ed il coordinamento dei sistemi di comunicazione, trasmissione ed informazione, costituisce la piattaforma organizzativa sulla quale costruire un efficace apparato di sicurezza locale ed una funzionale gestione dell’emergenza. La capacità di discriminare in tempi brevi l’entità di una calamità, la grandezza e le caratteristiche orografiche dell’area colpita, il numero dei soggetti coinvolti e la loro posizione aiuta a pianificare l’intervento di protezione civile. Con l’avvento della telefonia mobile, internet, la trasmissione dati in digitale, si è ritenuto che la radio fosse uno strumento ormai obsoleto. L’esperienza ci ha dimostrato che non è così. I primi operatori a trasmettere l’allarme ed organizzare i primi soccorsi in occasione degli eventi sismici dell’Umbria (1997), dell’Abruzzo (2008) e dell’Emilia (2012) sono stati i Radioamatori. Gli stessi radioamatori, residenti nelle zone colpite dagli eventi calamitosi, servendosi della rete di radiocomunicazioni che utilizzano quotidianamente come hobby, hanno di fatto veicolato gli aiuti nei luoghi più colpiti. I sistemi di comunicazione più evoluti e tecnologici sono anche i più vulnerabili perché necessitano di supporti fissi sul territorio per veicolare le trasmissioni e risentono di condizionamenti dovuti ai comportamenti collettivi della popolazione. In occasione dei sopracitati eventi calamitosi si è registrato statisticamente un incremento medio del carico telefonico pari al 600%.

A causa della provata impossibilità di utilizzo delle reti di comunicazione convenzionali i radioamatori hanno strutturate all’interno della loro usuale rete di comunicazione, delle reti radio di emergenza sulle bande di frequenza loro assegnate, atte alla totale copertura (fonia, dati e video) dei collegamenti ricompresi in qualsiasi punto della maglia radio appena illustrata. Gli stessi saranno impiegati nelle prime fasi dell’emergenza, passate le quali, tornata la copertura telefonica e cellulare, lasceranno il posto nella gestione delle fasi successive. In base alla tipologia ed al target di collegamento da effettuare si propenderà per l’uso delle diverse bande di frequenza assegnata: – verrà usata la banda HF (High Frequency) per collegamenti a lunga distanza come ad esempio il collegamento fra Province e il Centro Situazioni del Dipartimento della Protezione Civile o fra le Province stesse. – verrà usata la banda VHF (Very High Frequency) per i collegamenti di media distanza come quelli fra la Provincia e DICOMAC. – verrà usata la banda UHF (Ultra High Frequency) per i collegamenti territoriali punto-punto o su veicoli in movimento. la Banda CB (non radioamatori) per i collegamenti a breve distanza come ad esempio fra il Comune e il suo territorio.

AIB
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Antincendio Boschivo

Il nucleo AIB è la principale struttura italiana a livello regionale competente nel settore antincendio boschivo e coordina le attività di prevenzione e di estinzione interagendo direttamente con il Corpo dei Vigili del Fuoco e gli organi della Protezione Civile regionali e nazionali. È promossa dal Corpo Forestale dello Stato. ervizio Antincendi Boschivo del Corpo Forestale dello Stato, è organizzato in una struttura centrale di coordinamento e da strutture operative, presenti in tutte le Regioni a statuto ordinario. L’organizzazione terrestre è composta da 15 Centri Operativi, localizzati nei capoluoghi di regione, e da 44 Gruppi Meccanizzati di alta specializzazione e pronto impiego dislocati nei punti strategicamente rilevanti per la difesa dei boschi dagli incendi, dotati di idonei mezzi antincendio. Il servizio aereo si avvale del Centro Operativo Aeromobili costituito nel 1979, che ha sede presso l’aeroporto di Roma-Urbe
Fondamentale l’apporto di associazioni di Protezione Civile specializzate nell’anti incendio boschivo, che grazie al lavoro di volontari, riescono a coprire, con una certa capillarità, il territorio Italiano.
Sulla scia del successo del Numero Verde, questo servizio è stato recentemente sostituito dalla istituzione del Numero Nazionale 1515, di più facile memorizzazione, che dà la possibilità di chiamare gratuitamente da tutta Italia 24 ore ore su 24, entrato in funzione il 1 luglio 1997, si avvale di un più sofisticato ed efficiente sistema di instradamento delle chiamate.
Il Centro Operativo Aeromobili del Corpo Forestale dello Stato, istituito con D.M. 26.01.1979, ha sede presso l’aeroporto di Roma-Urbe. Dispone di 13 elicotteri Breda Nardi NH500, di 9 elicotteri Agusta Bell 412, con 41 piloti e 62 specialisti. Gli elicotteri impiegati prevalentemente per la prevenzione e la lotta contro gli incendi boschivi, effettuano: interventi diretti di spegnimento, trasporto di personale ed attrezzature, coordinamento di altri aeromobili e guida delle squadre a terra durante le operazioni di spegnimento.
I velivoli appartenenti al C.O.A. vengono poi spostati nelle varie regioni italiane a seconda dei periodi di massima pericolosità.

Idro
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Rischio idrogeologico

L’idrogeologia, a cui il termine “idrogeologico” si riferisce, è quella disciplina delle scienze geologiche che studia le acque sotterranee, anche in rapporto alle acque superficiali. Nell’accezione comune, i termini dissesto idrogeologico e rischio idrogeologico vengono usati per definire i fenomeni e i danni reali o potenziali causati dalle acque in generale, siano esse superficiali, in forma liquida o solida, o sotterranee. Le manifestazioni più tipiche di fenomeni idrogeologici sono frane, alluvioni, erosioni costiere, subsidenze e valanghe.
Tale rischio si manifesta attraverso l’incremento di fenomeni franosi e smottamenti dovuti all’erosione del terreno in conseguenza ad agenti atmosferici quali precipitazioni atmosferiche specie in caso di eventi meteorologici anomali o estremi quali ad esempio alluvioni. Certi tipi di terreno, in special modo quelli argillosi, si inzuppano infatti a tal punto d’acqua che una certa massa di terreno superficiale comincia a smuoversi sotto l’azione del proprio peso al di sopra di una base solida acquistando proprietà viscose tipiche dei fluidi.
In Italia diverse regioni presentano un alto rischio idrogeologico (Campania, Calabria, Piemonte, Sicilia, Liguria) inteso come prodotto della probabilità di occorrenza di un fenomeno franoso e i danni potenziali oppure versano già in condizioni di dissesto idrogeologico. Sebbene in molti casi si tratti di un fenomeno connesso con la natura del territorio ovvero strettamente dipendente dalla geologia e geomorfologia dei terreni e dei pendii, in molte altre circostanze esso appare come una conseguenza della modificazione del territorio da parte dell’uomo con costruzione di infrastrutture quali strade, ponti, ferrovie, case che vanno spesso ad impattare l’ambiente naturale causando difficile convivenza e scarso adattamento reciproco. In casi ancora più estremi ma non così rari, si tratta più semplicemente di un’estensione, spesso anche abusiva, del territorio urbanizzato in zone non adatte e sicure a tale scopo. Anche altre azioni umane quali la deforestazione, il cattivo uso dei suoli e i cambiamenti climatici intesi come modifica dei regimi precipitativi possono contribuire sensibilmente al fenomeno trasformando in zone a rischio zone che prima non lo erano.
La messa in sicurezza dei pendii a rischio è un’opera di geoingegneria ovvero ingegneria ambientale.